
Oggi a casa Chiaramella prepariamo le fette del cancelliere. Ma prima due parole…
Questo mio post di oggi richiede almeno due premesse per non risultare totalmente incasinato.
Prima premessa.
Vi ricordate quando ho accennato ad un passo del libro di Simonetta Agnello Hornby “La cucina del buon gusto”? Per chi non lo sapesse, Simonetta Agnello Hornby è una scrittrice. Nata in Sicilia da genitori entrambi di nobili origini, si è trasferita presto all’estero e ha conseguito il dottorato in giurisprudenza divenedo poi avvocato minorile e giudice. Dal 1972, avendo sposato un cittadino inglese, vive a Londra. Dopo aver scritto molti romanzi, di recente ha pubblicato tre “saggi/libri di ricette” (Un filo d’olio, La cucina del buon gusto e Il pranzo di Mosé) che hanno come argomento il cibo in generale e in particolare le ricette siciliane che si preparavano in casa Agnello, nella casa di campagna di Mosé, nell’entroterra siciliano.
Avendola citata nel mio post, mi è tornata in mente e mi è venuta voglia di approfondire. Quindi ho guardato alcuni filmati di suoi interventi. Volevo approfondire la sua conoscenza non tanto come scrittrice di romanzi ma più come divulgatrice su temi inerenti il cibo e la cucina. Soprattutto mi incuriosiva come persona e nel suo rapporto col cibo. Mi incuriosiva perchè non riuscivo a capire bene la sua personalità. Non riuscivo a capire se la trovavo “snob” o umile. A volte mi sembrava troppo calata nel suo “status” di figlia di famiglia nobile con usanze e consuetudini da nobile, forse un po’ rigida nel suo ruolo (“…mamma mi diceva di fare così e io lo faccio”). Altre volte mi sembrava così curiosa, aperta, desiderosa di esplorare terreni sconosciuti (“la minestra più buona che abbia mai mangiato è quella che ci preparava la nostra domestica appena arrivati a Mosé”). Quando la ascoltavo parlare di cibo, mi sembrava oscillare di quà e di là, tra ricchezza e povertà, tra l’essere snob e l’essere umile, tra cibo ricco e cibo povero, tra ricette della mamma nobile e ricette della domestica popolana. Non riuscivo a capire la sua reale natura. Che poi, a ben vedere, la cucina di sua mamma oggi verrebbe qualificata quasi come povera, nel senso che è molto diversa dalla cucina degli chef stellati dai quali, in teoria, oggi mangiano i ricchi. Però non so. So di non essere molto chiara ma mi sembrava di cogliere una antinomia.

Seconda premessa.
Qualche giorno fa leggevo questo post su Juls’ Kitchen. Questo blog è gestito da una simpaticissima foodblogger toscana molto molto in gamba. In questo post Giulia dice di “…essersi ritagliata nel tempo una sua nicchia, quella della cucina italiana e toscana tradizionale, del cibo genuino, modesto e di casa”. Ho espresso apprezzamento per questa scelta, per la capacità di Giulia di non seguire le mode e i trend e di rimanere fedele a se stessa e alle sue origini.

A questo punto, complice l’accavallarsi nella mia mente di queste due premesse, mi sono chiesta ..ma la mia scelta quale è? Mi piace il cibo tradizionale o quello dei ristoranti stellati? Mi piace il cibo “ricco” o quello “povero”? Come voglio impostare questo blog?
La verità è che io, perlomeno in questo momento, non posso e non voglio scegliere. Sembrerà banale ma a me piace tutto il cibo in generale. Mi piace preparare la semplice crostata che faceva mamma quando ero piccola ma mi piace anche cimentarmi, laddove sia possibile farlo in una cucina non professionale, anche con piatti più “sofisticati”, che provano a riprodurre i piatti dei ristoranti stellati. Mi piace cenare a casa ma se mi portano in un bel ristorante stellato mi piace anche quello. Come Simonetta da ragazzina oscillava tra cucina ricca di mamma e cucina povera della servitù, credo che anche io continuerò ad oscillare tra cucina di casa e cucina dei ristoranti, tra piatti di casa e piatti gourmet. E anche con una certa gioia. Forse arriverà un giorno in cui sentirò l’esigenza di scegliere. Ma ancora non è il momento.
In omaggio all’ispiratrice di questo post, ho preparato le fette del cancelliere. In merito a questo dolce Simonetta ci racconta che la ricetta viene da Canicattì, la città di sua nonna. A Palermo lo stesso dolce è la specialità di uno dei numerosi monasteri che c’erano in passato nella capitale dell’isola. Ciascun monastero aveva la sua specialità dolciaria e ne teneva segreta la ricetta. Simonetta simpaticamente conclude dicendo che sembrerebbe che il nome originale del dolce fosse “Felle” – cioè natiche – del cancelliere, ovvero l’economo del convento e che è meglio non soffermarsi sull’origine di questo nome.
Diciamola tutta: esteticamente questi dolci non sono proprio bellissimi. Non si prestano molto ad essere fotografati. Però vi assicuro che sono davvero particolari. Sicuramente non somigliano a nulla che avessi mai assaggiato. Perciò ne è valsa comunque la pena e ve li consiglio caldamente. Allora andiamo a preparare e gustare le fette del cancelliere.

Le fette del cancelliere
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INGREDIENTI (per 10 persone):
Per l’impasto:
- 1 litro di latte
- 450 g di semola
- 250 g di zucchero
- 250 g di pistacchi
- 1 albume
- olio per friggere
- zucchero a velo
Per la crema biancomangiare:
- 300 ml di latte
- 50 g di zucchero
- 30 g di amido
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COME SI FA:
- Tritate finemente i pistacchi e metteteli da parte.
- Versate il latte in un pentolino, aggiungetevi a poco a poco la semola e lo zucchero e, mescolando sempre, a fuoco medio, fatelo addensare come una crema. Questo procedimento dura non più di 8-10 minuti.
- Quando è denso toglietelo dal fuoco e aggiungete i pistacchi tritati. Rimettete sul fuoco e fate addensare fino a raggiungere una forte consistenza per 5 minuti ancora. Fate raffreddare l’impasto.
- In una ciotolina sbattete leggermente una chiara d’uovo e, con le mani bagnate dalla chiara, fate delle grosse polpette ovali da friggere in abbondante olio.
- Preparate la crema. Mettete in un pentolino il latte, lo zucchero e l’amido. Mescolate bene. Accendete un fuoco medio e, mescolando sempre, fate cuocere fino a quando la crema comincia a divenire densa. Provate con il mestolo a tracciare un segno sulla crema. Se questo è visibile, la crema è pronta. Spegnete e fate raffreddare.
- Quando anche le polpette sono fredde, apritele a libro, riempitele con un cucchiaino di crema e spolverizzate con zucchero a velo.
Credo sia sempre la scelta migliore, per lo meno all’inizio!
Buona fortuna per tutto!
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Ciao Giulia!
Grazie mille per essere passata a trovarmi!
Un super abbraccio
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La tua strada la comprenderai percorrendola, vedrai!
Questo dolce, all’apparenza non bellissimo, mi affascina molto sia per la sua storia che per gli ingredienti in particolare il ripieno di biancomangiare… Ottima proposta, diversa dal solito e concreta.
A presto cara
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Grazie Marina. Sono contenta che ti piaccia. In effetti la crema bianca si presta a molteplici usi che vorrei sperimentare. A presto.
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